ne parla Antonio De Crescenzo, Energy manager e coordinatore del Paes nella Valle (Piano di azione per l’energia sostenbile).
Domenica 4 marzo 2018
Antonio De Crescenzo, Energy manager e coordinatore del Paes nella Valle (Piano di azione per l’energia sostenibile attuato nei Comuni di Bracigliano, Calvanico, Castel S.Giorgio, Siano e Nocera Superiore)
L’economia circolare è uno dei tormentoni economici degli ultimi anni: oggi che in Italia, ma non solo , è stata – molto tra le righe – introdotta la nuova crisi definita Socialambientale, ritengo a dir poco doveroso introdurre questo nuovo modello di economia circolare.
Vediamo insieme da dove iniziare. Facciamo un esempio: c’è mia moglie, scende per commissioni e, passando davanti ad uno degli ormai tantissimi Store Cinesi, entra e compra due oggetti il cui costo è di un paio di euro e, tranquilla, torna a casa. Lei non si è accorta di nulla, ma ha contribuito alla nuova economia circolare, per intenderci quella che sta portando la Cina ad essere La Nazione che influenza l’economia mondiale, ma, soprattutto, la prima Nazione nella storia che sta colonizzando, senza uso di armi e con il consenso della popolazione mondiale.
Premesso che non voglio certo fregiarmi del titolo di economista o storico, vorrei solo con la precedente vignetta stile Luciano De Crescenzo del “qui parlò Bellavista”, farvi sorridere, ma al tempo stesso, riflettere.
LA CINA STA “COLONIZZANDO” L’AFRICA INVESTENDO MILIARDI DI DOLLARI
L’obiettivo principale della Cina non è il Vecchio continente, ma il continente africano. L’Africa, che è stata oggetto delle imprese coloniali europee, è stata lasciata al suo destino dopo la decolonizzazione avvenuta tra gli anni ’60 e ’70. La Cina ha deciso di scommettere sul Continente Nero con investimenti da miliardi di dollari. Dal 2000, dopo la creazione del Forum Economico Cina-Africa, Pechino ha quale obiettivo primario il finanziamento dei Paesi che necessitano di infrastrutture primarie, come strade, ponti, scali portuali, senza intromissioni dirette nella politica interna degli Stati.
Il primo Paese che ha beneficiato dei finanziamenti, è stato l’Angola: a seguito degli accordi che ha concluso con l’ex colonia portoghese per lo sfruttamento delle sue risorse energetiche, ha iniziato ad avviare grandi quantità di opere. L’Angola ha ottenuto i mezzi per la costruzione di infrastrutture e ricevuto ingenti quantità di capitali. I Cinesi hanno intenzione di costruire una ferrovia transcontinentale che collegherà i giacimenti angolani con le coste africane sull’Oceano Indiano. Imponente il lavoro di urbanizzazione della capitale, Luanda. Nel solo 2009, grazie agli investimenti dei cinesi, in Angola si sono creati 330mila nuovi posti di lavoro. Il tasso di povertà è sceso dal 63% del 2002 al 38%.
La campagna d’Africa del Mandarino va ben oltre la Angola, anche nel Sudan. Khartoum mantiene da vent’anni accordi commerciali con Pechino per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel Paese. La Cina, con l’importazione del petrolio Sudanese, garantisce una forte spinta all’economia di Khartoum.
Pechino ha firmato accordi per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi con i governi di Ciad, Mauritania e Guinea Equatoriale. La scoperta di vasti giacimenti di petrolio, tra questi il più importante si trova a pochi chilometri dalla baia di Malabo, individuato nel 1994, ha trasformato completamente l’economia di questi Paesi. Dal 2004, la Guinea Equatoriale, proprietaria del giacimento della baia di Malabo, è il terzo produttore di oro nero dell’Africa sub-sahariana, dopo la Nigeria e l’Angola, con oltre 360mila barili estratti al giorno.
Ma il piano non prevede solo importanti investimenti economici; da poco i cinesi hanno annunciato l’apertura di una base militare in Gibuti, paese del corno d’Africa, che ospita anche l’unica base militare stabile americana del continente africano. La base cinese servirà per dare supporto alle operazioni anti-pirateria eseguite nel tratto di mare al largo della Somalia. Pechino, nel 2013, ha anche deciso di inviare un contingente in Mali che, insieme alle forze di polizia, personale medico e reparti del genio, costituisce una task force completa che opera per mantenere la pace in Mali.
Nel Sudan ormai dal 1996 l’estrazione petrolifera è sotto il monopolio di Pechino.
Il progetto di Pechino è di allargare la propria sfera d’influenza economica nel continente africano. Dal Sudan, Pechino ha iniziato, nel 1996, la sua conquista economica dell’Africa, ratificando un accordo commerciale per costruire impianti di estrazione e di raffinazione del Petrolio. Il Sudan è stata la prima commessa estera per la CNPC (China National Petroleum Corporation).
Il porto di Bagamoyo, in Tanzania, diverrà il porto più grande del continente Africano, grazie agli investimenti della Repubblica Popolare. Lo scalo sarà in grado di gestire circa 20 milioni di container ogni anno. Con un costo stimato di 11 miliardi di dollari, una società di costruzioni pubblica cinese, dovrebbe completare il porto entro il 2045.
Nel 2013, la società cinese Zendai Property Limited ha esplicitamente dichiarato che avevano iniziato la costruzione di una città da 8 miliardi di dollari, fuori Johannesburg – in SudAfrica.. La città si chiamerà Modderfontein New City. Sarà il quartier generale delle imprese cinesi che investono e investiranno in Africa.
La Cina ha allacciato importanti relazioni con l’Egitto per controllare una via strategica per il commercio internazionale, il Canale di Suez. Pechino vuole investire nel Paese nordafricano, approfittando della contemporanea volontà-necessità del Cairo di aprirsi agli investimenti stranieri.
L’Egitto possiede un’ingente forza lavoro, ha il vantaggio di una posizione geografica strategica e un ottimo livello d’istruzione media, ma ha un obsoleto apparato di infrastrutture, e il settore industriale e quello manifatturiero, non raggiungono livelli adeguati di produttività. Per migliorare la situazione, il governo egiziano ha predisposto un piano di sviluppo economico che prevede la costruzione di almeno un migliaio di impianti industriali. Tra il 2015 e il 2016, si sono intensificati gli scambi diplomatici tra il Cairo e Pechino: nel 2015, il presidente Egiziano, Abdel Fatah al-Sisi, si è recato in Cina per siglare un accordo per la cooperazione sino-egiziana per rafforzare la produzione industriale nel paese nordafricano.
Nel gennaio del 2016, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping, la China Electric Power Equipment and Technology e il ministero dell’Elettricità e delle Energie egiziano, hanno ratificato un accordo per la Eetc (Egypt Electricity Transmission Company) con lo scopo di realizzare il 500kV Transmission Lines Project. Questo progetto prevede, nell’area del Delta del Nilo, la costruzione di 1.210 chilometri di linea di cavi elettrici e una produzione di energia della potenza di 500kV; la fine dei lavori, è stata prevista in 18 mesi al “prezzo” di 650 milioni di dollari. Quando sarà completato, consentirà di intensificare l’efficienza del sistema elettrico nazionale egiziano. Il progetto favorirà lo sviluppo economico ed energetico di questo Paese.
Nel 2015, è stato inaugurato il raddoppio di una parte del Canale di Suez, ampliando il passaggio di transito da 49 a 97 navi al giorno ed eliminando i limiti di massa e volume delle imbarcazioni. L’ampliamento, voluto dal Cairo nel 2014, ha come obiettivo trasformare il canale in un hub economico globale. Il progetto consiste in un implemento tecnologico, nella costruzione di parchi industriali, nuovi canali e porti per accrescere il flusso delle merci.
Un esempio concreto del forte rapporto economico tra i due Paesi, è la China-Egypt Suez Economic and Trade Cooperation Zone, avviata nel 2009 nella parte nord-occidentale del Golfo di Suez. Si tratta di una zona posta a 120 chilometri dal Cairo ed è a ridosso di quella interessata dall’ampliamento del canale. Insomma, è posizionata in un punto ideale per il trasferimento del surplus di produttività cinese. Nel 2013, gli investimenti ammontavano a circa 90 milioni di dollari, le 58 imprese che si erano stanziate, avevano attirato circa 610 milioni di dollari di investimenti e creato circa duemila posti di lavoro.
L’esempio dell’infiltrazione cinese in Egitto, viene dagli affari della Jushi Group Corporation, una delle principali aziende produttrici di fibra di vetro al mondo, che si è stanziata in Egitto nel 2012. Dopo solamente due anni, l’impresa ha investito 223 milioni di dollari, pianificando la produzione di quasi 80 mila tonnellate di fibra di vetro annue. Attualmente, la Jushi Group Corporation, è la società cinese più grande presente in Egitto. Il suo intervento modernizzerà l’industria egiziana nella produzione di materiali composti, darà un enorme contributo all’occupazione, all’innalzamento del livello dirigenziale e all’aumento delle riserve di valuta estera del Cairo.
Quando, ad inizio 2016, il presidente Xi Jinping si è recato in Egitto, ha firmato due documenti di programmazione quinquennale per rafforzare la partnership sino-egiziana. Le iniziative previste spaziano dal settore elettrico, infrastrutturale, commerciale, spaziale, tecnologico e culturale, per un valore complessivo di 15 miliardi di dollari. Nei documenti si parla anche di 2,7 miliardi, che verranno stanziati per costruire la nuova capitale amministrativa dell’Egitto, di un prestito di un miliardo di dollari per le banche egiziane e di vari accordi per la costruzione di infrastrutture sotto la direzione dell’Asian Infrastructure Investment Bank.
Questi accordi, che hanno come obiettivo il consolidamento dei rapporti tra la Cina e l’Egitto, daranno, con gli investimenti cinesi, un nuovo impulso allo sviluppo egiziano al fine di far diventare l’Egitto uno dei primi paesi della Nuova Via della Seta (BRI Belt and Road Initiative), che è l’obbiettivo finale degli interventi cinesi in Africa. Un obiettivo che, se realizzato, porterà grossi vantaggi economici sia alla “Repubblica Popolare” che ai Paesi interessati.
Ringrazio la fonte di molti dei dati da me riportati – Francesco Cirillo – e concludo invitandovi a riflettere quando, scendendo di casa, ci diciamo in macchina: “cara passiamo un attimo dal cinese, che devo prendere delle sciocchezze”……..siamo quelli che innescano la nuova economia circolare.
Antonio De Crescenzo, Energy manager e coordinatore del Paes nella Valle (Piano di azione per l’energia sostenibile attuato nei Comuni di Bracigliano, Calvanico, Castel S.Giorgio, Siano e Nocera Superiore. Clicca sulla foto per ingrandirla)