CULTURA E SOCIETA'. LA MEDIAZIONE FAMILIARE.

Il Prof. Emilio Esposito

Un tema di grande attualità. Ne parla il Prof.Emilio Esposito.
 
 
Domenica 26 aprile 2015
PROF. EMILIO ESPOSITO. Abstract  professionale                
Prof. Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e sezione Carceraria e non.
/ Formatore Area delle Professioni Sociali/accreditato  ForMed  etc.
– VdS C.R.I. / Consulente per il Terzo Settore (Welfare)
/Componente Centro Studi e Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino.  (Sa) 

Iscritto  Albo dei Formatori Professionali A.I.F. ( Associazione Italiana Formatori)

Socio: Società Italiana di Psicologia della Religione

Socio Centro Studi e Ricerche Sulla Logoterapia Vicktor Emil Frankl
Servitore Insegnante Scuola Alcologica Territoriale  – AICAT/ARCAT/APCAT/
Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa – Distretto 67-/

 Responsabile Sportello Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività Sociali e Inclusione Sociale).
Esperto in Biodiscipline, Bioenergetica /Libero Docente UTE/ Università per la Terza Età.
Counselor Sistemico Relazionale Familiare. Esperto in Logoterapia. E Conduzione di Gruppi di  Auto-aiuto.

 Giornalista Pubblicista, recensore scientifico Edizioni Scientifiche EdiMagi (Roma)
 
                                                                                                        
                                 La Mediazione Familiare
                       “Che cos’è la Mediazione Familiare”
Bibliografia :
Manuale di Mediazione Familiare. Proteggere i Figli nella separazione.
Autore: Bogliolo Corrado; Bacherini Anna M.
Editore: Franco Angeli (collana Psicoterapia della famiglia) 2010, 288 p.
La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione familiare o al divorzio, che si svolge in un contesto strutturato dove un terzo neutrale: il mediatore, qualificato e con formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possono esercitare la comune responsabilità genitoriale.
La Mediazione familiare si rivolge, dunque, a tutte quelle persone separate o in via di separazione che, travolte, sopraffatte e disorientate da questo evento, non riescono autonomamente ad uscire fuori dal loro legame e della loro storia, vissuta come un fallimento del proprio progetto di vita e, in alcuni casi, esito di un conflitto di coppia esacerbato e segnato da comportamenti aggressivi tesi al conseguimento della vittoria sull’altro. In questo senso la Mediazione Familiare si configura come intervento finalizzato a sollecitare e promuovere nei genitori separati le competenze, la motivazione al dialogo, attivando i potenziali spazi destinati alla cooperazione e alla coogenitorialità e a prevenire così il disagio dei minori. In altre parole la mediazione rende possibile la sfida di trasformare il dolore del conflitto in opportunità per migliorare la qualità della propria vita e altrui esistenza.
L’ approvazione della Legge 8 febbraio 2006 n. 54, in vigore dal 16 marzo 2006, recante la denominazione “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” è frutto di un “travaglio” parlamentare durato ben 12 anni; tuttavia, il Legislatore, con la sua emanazione, ha indubbiamente dimostrato una certa sensibilità sociale accogliendo, sia pur parzialmente, i suggerimenti che provenivano da positive esperienze di mediazione straniere e italiane.
Attualmente, e probabilmente in virtù dell’emanazione della suddetta legge, si è riacceso il dibattito in materia tra gli esperti del settore (psicologi, giuristi, mediatori, avvocati, sociologi) con una riproposizione innovativa delle problematiche riguardanti la crisi della coppia: l’ individuazione dei suoi sbocchi, il riverbero degli inevitabili riflessi a livello familiare, sociale e culturale. Fra gli addetti ai lavori, si parla di una vera e propria rivisitazione della maggior parte dei concetti che finora si erano dati per acquisiti.
La legge n.54\06 è certamente frutto di compromessi ideologici- politici, ma, nel contempo, rappresenta una coraggiosa novità che cambia radicalmente le regole di fondo del diritto di famiglia e, se concretamente e correttamente attuata – in primo luogo dai giudici della famiglia – rivoluzionerà le abitudini mentali e giuridiche degli Italiani.
Nello specifico, essa modifica i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e introduce nel nostro codice civile con l’art. 155 (provvedimenti riguardo ai figli) la possibilità di stabilire forme di affidamento dei figli di genitori separati diverse dal tradizionale affidamento alla madre, o comunque a un solo genitore, cercando di privilegiare una scelta a favore della bigenitorialità; scelta, che per troppo tempo è stata molto poco considerata e adottata, con conseguenziali e inutili sofferenze a carico dei figli, i quali spesso, se non sempre, sono costretti a pagare un prezzo troppo alto per le vicissitudini dei loro genitori. La legge in questione, con l’articolo citato, sancisce, dunque, in modo inequivocabile, il diritto dei figli “a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”: Deve essere eliminato, quindi, l’artificioso e diseducativo schema di un “genitore del quotidiano” e un “genitore del tempo libero”; deve essere restituito ai figli il diritto di ricevere l’apporto educativo affettivo di entrambi i genitori, anche se separati e conflittuali tra loro.
La conflittualità è l’ostacolo effettivo, apparentemente insormontabile, per superare il quale, il Legislatore indica, sia pure timidamente, uno strumento normativo e con l’art. 155 sexies (Poteri del giudice e ascolto del minore) offre al magistrato l’opportunità,” sentite le parti, e ottenuto il loro consenso,decide di rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’ari. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo con particolare riferimento alla tutela del ‘interesse morale e materiale dei figli “. Sulla base di queste brevi considerazioni, pur constatando che lo Stato Italiano avrebbe potuto compiere un migliore e maggior sforzo legislativo, si può pacificamente affermare che tutti gli operatori del diritto familiare devono prendere atto che il nostro Paese intende, anzi ha inteso, porsi in linea con i recenti orientamenti culturali, in tema di separazione, degli altri Paesi d’Europa.
E’ un incontrovertibile dato di fatto l’accresciuta sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso le problematiche di coppia, sempre più diffuse per l’alta incidenza delle separazioni coniugali; altrettanto evidente la presenza di nuovi fermenti sociali e culturali che individuano prevalentemente nella Mediazione Familiare uno strumento particolarmente efficace per risolvere controversie e disaccordi tra genitori in via di separazione, specie in presenza di figli minori, quasi sempre, tristemente contesi. Sulla base della convinzione, suffragata da dati clinici, che in ogni separazione tra coniugi la parte più dolente e delicata è rappresentata dai figli, specie di minore età, il cui ciclo vitale naturale familiare viene bruscamente interrotto dalla rottura del legame sentimentale dei genitori; e in virtù di una più considerevole attenzione, da parte delle istituzioni e operatori sociali interessati ai problemi della famiglia, per il disagio dei figli. Il percorso di mediazione fornisce un aiuto a tali famiglie “disgregate” affinchè sia i genitori che i loro figli possano riorganizzare la loro vita intorno a nuove sicurezze.
Non solo i giudici e gli avvocati, anche gli stessi ex-coniugi hanno piena consapevolezza che ogni separazione, conflittuale e mal gestita, comporta costi sempre troppo alti per tutti, sia in termini di sofferenza individuale, sia in termini sociali, di energie, di tempo e di denaro. Infine, sia consentita una considerazione di natura etica\sociale: in un’epoca come la nostra, dominata da conflitti piccoli e grandi che siano, promuovere una cultura della mediazione può rappresentare la modalità più sana per migliorare le relazioni interpersonali invertire e garantire così anche minori sofferenze, e non improbabili danni patologici. La cultura della mediazione del conflitto familiare si è sviluppata in tutta Europa, con grande interesse delle Istituzioni Comunitarie ed europee, anche grazie alle normative dei singoli Stati in favore delle politiche di sostegno per la famiglia considerata la cellula fondamentale e primaria della società.
La norma ex art. 155 sexies c.c. va allora interpretata alla luce delle seguenti norme internazionali: · Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, fatta a Roma il 04 novembre 1950 che all’art.8 prevede il ” Diritto al rispetto della vita privata e familiare. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare”. A tal proposito, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ritiene che in materia di affidamento dei figli nelle cause di separazione e divorzio, i giudici devono ricorrere alla coercizione in maniera limitata, ricercando la comprensione e la cooperazione dei genitori, nell’interesse superiore del fanciullo (vedi sentenza Kriz c. Repubblica Ceca del 09/01/2007, ricorso n. 26634/03).
· Convenzione dei diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, che all’articolo 9 comma 3, afferma: ”Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori e da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo;”
· Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 che all’articolo 24 comma 3 afferma: “Ogni fanciullo ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori salvo se ciò sia contrario al suo interesse,”
· Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 che all’art. 13 afferma : ” Mediazione ed altri metodi di soluzione dei conflitti. Per prevenire e risolvere i conflitti, ed evitare procedure che coinvolgano un fanciullo dinnanzi ad un’autorità giudiziaria, le Parti incoraggiano la mediazione o ogni altro metodo di soluzione dei conflitti, nonché la loro utilizzazione per concludere un accordo nei casi appropriati determinati dalle Parti.”
· Raccomandazione n. R (98) del 21 gennaio 1998 Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa “Mediazione familiare metodo appropriato di risoluzione conflitti familiari”, che raccomanda agli Stati di applicare la mediazione alle dispute familiari essendo queste delle “dispute particolari, poiché coinvolgono persone che avranno rapporti interdipendenti e continui. Dal momento che la separazione e il divorzio hanno un impatto su tutti i membri della famiglia specialmente sui bambini, occorre promuovere e potenziare la mediazione attraverso l’opera di un terzo -mediatore- imparziale e neutrale al di sopra del conflitto, che aiuta le parti a negoziare per raggiungere un accordo comune. ll mediatore familiare può avere una pregressa professionalità sia nelle scienze psico-sociali (psicologo, psicoterapeuta, assistente sociale, counselor etc.) sia nelle scienze giuridiche (giurista, avvocato etc.), ma deve necessariamente aver conseguito una abilitazione “ad hoc” alla pratica della mediazione familiare, attraverso un percorso formativo (della durata di due anni) certificato dalle scuole di formazione in mediazione, maggiormente rappresentative in Italia come la S.I.ME.F. (Società Italiana Mediatori Familiari), A.I.ME.F. (Associazione Italiana Mediatori Familiari) o A.I.M.S. (Associazione Italiana Mediatori Sistemici), le quali aderiscono agli standards professionali e deontologici europei previsti dalla Charte
 Européenne de la formation des médiateurs familiaux dans les situations de divorce et séparation (1992), ribaditi dal Forum Européenne formation et recherche en médiation familiale (1997) e da ultimo dal Code Européenne des mèdiateurs familiaux- European Commission Directorate-General Justice and Home Affairs Bruxelles (2004).
La Carta Europea del 1992, infatti, definisce chiaramente che la mediazione familiare non è:
· né una consulenza legale, né una consulenza coniugale; qualora, dunque, un avvocato abilitato alla pratica della mediazione familiare svolgesse la sua attività come mediatore, non dovrà fare consulenze legali, né tanto meno all’esito del processo di mediazione familiare potrà formare un atto giudiziario contenente gli accordi presi fra le parti, né assistere poi giudizialmente alcuna di esse, ma dovrà in virtù della sua doppia deontologia professionale (deontologia dell’avvocato, deontologia del mediatore) inviare le parti presso un altro avvocato, o un altro professionista competente;
· né una terapia individuale o di coppia; qualora, dunque, uno psicologo, psicoterapeuta etc. operi in veste di mediatore familiare non potrà focalizzare il proprio intervento di mediazione sulla cura psicologica delle persone, né sulla cura del legame di coppia, ma dovrà svolgere il processo di mediazione aiutando le parti a riaprire la loro comunicazione per giungere ad accordi consapevoli e soddisfacenti per sé e per l’interesse superiore dei figli.
La Carta Europea del 1992, sopra citata, alla quale anche l’Italia ha aderito, ci fornisce la prima nozione condivisa di mediazione familiare: la mediazione familiare è un processo in cui un terzo neutrale -il mediatore- viene sollecitato dalle parti per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione nel rispetto del quadro legale esistente. La mediazione familiare opera per ristabilire la comunicazione tra i coniugi, l’obiettivo concreto della mediazione familiare è la realizzazione di un progetto di organizzazione delle relazioni che rispetti i bisogni di ogni membro della famiglia, ma in primis rispetti l’interesse superiore dei figli. La mediazione è confidenziale.
Tale principio è sottolineato espressamente anche dalla Raccomandazione N.1639(2003) del 25 novembre 2003 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, sulla mediazione familiare, recepita dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, il 16 giugno 2004 che, all’Articolo 1, chiarisce : ” La mediazione familiare è un procedimento di costruzione e di gestione della vita tra i membri d’una famiglia alla presenza d’un terzo indipendente ed imparziale chiamato il mediatore, il compito del mediatore è di accompagnare le parti della mediazione in un procedimento fondato verso una finalità concordata innanzitutto tra loro”.
Tra gli altri, l’Associazione Italiana Mediatori Familiari A.I.M.E.F., nel suo statuto definisce:
L’art 14 dello Statuto dell’A.I.M.E.F. cita:
comma 1) Il mediatore familiare: terza persona imparziale, qualificata e con formazione specifica che agisce in modo tale da incoraggiare e facilitare la risoluzione di una disputa tra due o più persone in un processo informale e non basato sul piano antagonista vincitore-perdente, il cui obiettivo è di aiutare le parti in lite a raggiungere un accordo direttamente negoziato, rispondente ai bisogni e agli interessi delle parti e di tutti i membri coinvolti nell’accordo. L’accordo raggiunto dovrà essere volontario, mutuamente accettabile e durevole. Il mediatore si applicherà affinché l’autorità decisionale resti alle parti. Il ruolo del mediatore familiare comporta, fra l’altro, il compito di assistere le parti nell’identificare le questioni, di incoraggiare la loro abilità nel risolvere i problemi ed esplorare accordi alternativi, sorvegliandone la correttezza legale, ma in autonomia dal circuito giuridico e nel rispetto della confidenzialità.
comma 2) Mediazione familiare: indica la mediazione di questioni familiari, includendovi rapporti tra le persone sposate e non (conviventi more uxorio, genitori non coniugati), con lo scopo di facilitare la soluzione di liti riguardanti questioni relazionali e/o organizzative concrete, prima, durante e/o dopo il passaggio in giudicato di sentenze relative tra l’altro a: dissoluzione del rapporto coniugale; divisione delle proprietà comuni; assegno di mantenimento al coniuge debole o gli alimenti; responsabilità genitoriale esclusiva o condivisa (potestà genitoriale); residenza principale dei figli; visite ai minori da parte del genitore non affidatario, che implicano la considerazione di fattori emotivi-relazionali, con implicazioni legali, economiche e fiscali.
Bibliografia :
Manuale di Mediazione Familiare. Proteggere i Figli nella separazione.
Autore Bogliolo Corrado; Bacherini Anna M.
Editore :Franco Angeli (collana Psicoterapia della famiglia) 2010, 288 p.

Antonio De Pascale

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